Giorgio Gaber

L'elastico

Giorgio Gaber


Disteso sopra il letto
non so bene da che parte cominciare.
La stanza è in silenzio
si è sentito il clic di un registratore.
Perché io sono qui
che son venuto a fare
mi dispiace
non ne sento più il bisogno.
Non so che cosa dire
cosa posso raccontare
una storia o forse un sogno.
Me, dentro di me, dentro di me, dentro di me...
Me, dentro di me, dentro di me, dentro di me...

Mi ricordo che correvo
il mio corpo mi seguiva
era un corpo primitivo
ma la mente lo tirava.
La mia mente che trascinava il mio corpo nudo
eravamo in due, fra me e me, un elastico.
Me, fuori di me, fuori di me, fuori di me...

Era mio quel corpo umano
che a fatica mi seguiva
che chiedeva di andare piano
ma la mente lo tirava.
Ed il corpo che mi sembrava così pesante
come faticava, trascinato da un elastico.

Dio, che senso di paura
vedere il filo teso
già vicino alla rottura
non tiene più l'elastico, non tiene più l'elastico...
Di colpo, fuori e dentro
lo schianto.

Un bambino s'è spezzato
non spingete, mi fate male
non posso uscire, c'è troppo buio
voi, voi mi schiacciate contro il muro.
Lui camminava senza filo
ho paura di morire
aveva visto un sole nero.
Non mi possono toccare
io sono dentro a una bottiglia
son chiuso dentro e non voglio uscire
c'è troppo spazio tra me e me.
Mi sento fuori di me
la mia testa fuori di me
il mio corpo fuori di me.

La mia mente galleggiava
in una strana dimensione
e mi ricordo con paura
di una lucida visione
il mio corpo così lontano come fosse morto
era abbandonato e non c'era più l'elastico.
Me, fuori di me, fuori di me, fuori di me...
Me, fuori di me, fuori di me, fuori di me...
Me, fuori di me, fuori di me, fuori di me...

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