Giorgio Gaber

È Sabato

Giorgio Gaber


È sabato, è sabato.
Le nove e mezzo di sera, niente di anormale
ceniamo agli stessi posti eppure c’è qualcosa
si sente, prova a guardarla, c’è un’aria strana
non facciamo l’amore da una settimana.

È sabato, è sabato.
Domani niente lavoro, forse andiamo al mare
le slaccio la cintura e resto un po’ a guardare
la linea armoniosa del collo, la curva delle anche
che per me sono cose risapute e stanche.

Ma è nell’aria
non so da che cosa ma si sente, è nell’aria
si vede dai gesti, dai silenzi, è nell’aria.
In fondo è così naturale
un piccolo sforzo iniziale
poi tutto, tutto va da sé
tutto va da sé
senza fatica, senza fatica.

Le mani si muovono, accarezzano i fianchi
le bocche si avvicinano poi si staccano ancora
i corpi si sfiorano poi si allontanano
di scatto si riallacciano poi si comprimono
il respiro è più forte, incalzante
più affannoso, morboso, ansimante
parole sconnesse, frenetiche, senza pudore
è l’amore, è l’amore, è l’amore.

È sabato, è sabato.
Sdraiati nudi sul letto, un asciugamano
adesso c’è un gran silenzio, un senso d’abbandono
un letto che cigola piano, si avverte il suo rumore
nella stanza di sotto stan facendo l’amore.
Più forte
spaventoso come un treno, si sente, più forte
poi gridi, soffocati mugolii, sempre più forte
lamenti e respiri affannosi
signori così rispettosi
come fanno? Non ce li vedo
non ce li vedo proprio
come conigli, come maiali.

Mi alzo, vado in bagno, le mani appiccicose
rumore di acqua che scorre, la pancia appiccicosa
dall’appartamento di sopra, dall’appartamento di sotto
rumori di gente che si lava
rumori di cessi e di sciacquoni
bellissimo, un amore tutti insieme
un amore collettivo
ma sì, domani è festa
i letti che si muovono
sì, sciacquoni, sciacquoni
forza cessi, è sabato, è sabato, è sabato.

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